..."Dire la verità,quello che non so,che cerco,che non ho ancora trovato.Solo così mi sento vivo."

lunedì 9 settembre 2013

"L'arco" di Kim Ki Duk (2005)

Strength and a beautiful sound like in the tautness of a bow…

I want live like this until the day I die.”



Anche in Hwal (“L'arco”), come in tutti i suoi migliori film, Kim Ki Duk ci parla attraverso i silenzi tra i protagonisti, attraverso i primi piani sugli sguardi, i sorrisi accennati, le melodie musicali, le immagini talvolta feroci e spietate, talvolta dolci e delicate. E con queste sue armi, ci racconta anche qui la storia di un amore impossibile, perverso, malato, assurdo. E gli bastano due-tre protagonisti e una vecchia barca, per creare qualcosa di grande. 
Come ne “L'isola” siamo introdotti in un mondo apparentemente incantato, in mezzo a un bellissimo mare. Sembra la pace ed invece tra quelle onde si sta consumando una tragedia: quella di una piccola ragazzina minorenne portata via dai suoi genitori all'età di 7 anni, che da quasi un decennio vive in isolamento su una barca, prigioniera di un anziano che non fa altro che aspettare che lei compia la maggiore età, per poterla finalmente sposare. Ma il vecchio la ama, come amante e come padre. Non sentiamo mai una singola parola uscire dalle loro bocche, li vediamo soltanto sussurrarsi qualcosa nell'orecchio, sorridersi, capirsi con gli occhi. Il “non detto” è ciò che ha veramente significato. Più delle tante frasi prive di senso dei pescatori che il vecchio trasporta su quella barca, e che a turno tentano di avvicinarsi alla ragazza. Il vecchio la protegge, come un padre, scagliando frecce verso chi prova a toccarla. In fin dei conti è colui che l'ha cresciuta, accudita ed amata per tutti quegli anni. E lei non può che ricambiare quell'amore.


E quindi ci troviamo turbati, non capiamo. In un certo senso siamo affascinati dal forte sentimento dell'anziano uomo nei confronti della ragazza, ci commuoviamo nel vedere con che cura ed amore le tesse il vestito nuziale, ma allo stesso tempo non possiamo non avvertire quel dolore invisibile diffuso nell'aria. Ci sentiamo quasi di appoggiare le azioni del vecchio, pur riconoscendone la crudeltà. Di queste contraddizioni Kim Ki Duk fa il suo cavallo di battaglia, prende il bene e il male, li mette l'uno di fronte all'altro, come uno specchio (ma è uno specchio spezzato come in “Bad guy”) ...e così, da questo conflitto fra due sentimenti opposti, riesce a creare un'atmosfera che è a dir poco magica, sublimando il tutto nella poesia. Riesce a raccontare il dramma con toni da fiaba.


La frattura arriva quando sulla barca giunge un ragazzo che con piccoli gesti, come quello di dare alla ragazza il suo lettore cd o scattarle delle foto con il cellulare, oppure ancora, semplicemente, sorridendole, riesce a fare una breccia nel suo cuore. Le fa capire che oltre a quella barca, dove vive come in una prigione in mezzo al mare, c'è tutto un altro modo là fuori, sulla terraferma, che lei non conosce o comunque non ricorda... Ma ovviamente l'avvicinamento del giovane, suscita l'ira del vecchio che gli scaglia contro una freccia e strappa le cuffie dagli orecchi della piccola.

Da lì in avanti, tutto cambia. La protagonista comincia a guardare con disprezzo la vita su quella barca-isola, vuole uscirne, fuggire con il ragazzo...Così Kim Ki duk con maestria ci mostra gli stessi gesti quotidiani messi in scena nella prima parte del film, ma stavolta quando il vecchio fa a fare il bagno alla giovane con l'acqua calda lei si ritrae, si rifiuta di farsi toccare...
La scena successiva è una delle più intense del film: si vede soltanto la sagoma nera del vecchio che suona l'arco, con disperazione e rabbia, di fronte al cielo blu scuro della notte. Sono note di tormento, il lamento un uomo solo, che si è appena reso conto che sta perdendo la persona che ama, l'unica cosa che da senso alla sua vita.

Al quel vecchio non resta quindi che falsificare le date sul calendario, cercando di anticipare la data del matrimonio. Ma negli occhi della ragazza c'è sempre più odio... destinato poi a tramutarsi in compassione. Quando il vecchio si ferisce, in preda ad un momento di follia, lei non esita ad andargli incontro per accudirlo... dopo l'odio, è il momento del perdono. La ragazza ha ormai raggiunto la maturità, non ha più bisogno di serbare rancore.
La storia si capovolge. Ancora una volta ritorna il tema tanto caro al regista della ripetersi ciclico della vita. Stavolta è la piccola a ripetere gli stessi gesti nei confronti del vecchio. Lo lava, lo accarezza...

Un discorso a se, infine, merita il finale, a cui si arriva in un crescendo di emozioni. Un epilogo criticato persino dai fan più accaniti del regista, da molti descritto come eccessivamente grottesco nel suo simbolismo estremo, ma che io personalmente ho trovato pienamente in linea con la poetica dell'autore. Un modo diverso di mostrare il compimento del processo di crescita della ragazza, dall'innocente ingenuità iniziale, passando per la rabbia, fino ad arrivare alla pietà. Un matrimonio che non è un matrimonio, ma un rito di addio e di iniziazione. Il vecchio ha finito il suo tempo e la ragazza è pronta a crescere e a diventare donna (che in un certo senso può ricordare lo splendido finale de “La samaritana”) e quindi è comprensibilmente centrale l'aspetto sessuale.

Ma è il modo in cui Kim Ki Duk dipinge tutto questo che fa la differenza. Un cinema così può risultare solo apparentemente ostico, ma l'impressione è che una volta immersi nel mondo del maestro coreano, ci si può abbandonare, lasciarsi trasportare, facendosi cullare dalla poesia.
Perché questo è il cinema di Kim, poesia.
Considerato da molti un film 'minore', una ripetizione di temi e simboli già visti, posso anche non dissentire. Un film ripetitivo? Può darsi... ma ad averne film ripetitivi così! Non tra i migliori di Kim, ma resta comunque una piccola meraviglia per gli occhi e per l'anima.











7 commenti:

  1. Secondo me, l'ultimo grande Ki-duk, più magnifico ancora di "Ferro 3 - La casa vuota", perché meno sensazionale e più discreto. Dopodiché, il nulla.

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    1. io sono arrivato fin qui con la sua filmografia (fatta eccezione per Pietà) Avevo cominciato Time, ma l'ho abbandonato... però proverò comunque a vedere il resto, prima di concordare

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    2. Mi interessava Arirang, l'hai visto?

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    3. Sì, intimo, confessionale, sincero, mi è piaciuto. Però con le fiction non c'entra: lì non c'è Ki-duk, lì è Ki-duk. Time, per esempio, non mi ha fatto schifo, però l'ho trovato estremamente complicato più che complesso...

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    4. Mi interessava proprio per quello Arirang! Time proverò a recuperarlo!

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  2. Bella recensione caspita! Non ho voluto leggere troppo della trama perchè a questo punto voglio vedere anche questa pellicola ... quindi metto in lista ;)

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    1. Kim Ki duk è tosto!!! Magari comincia proprio da questo prima di avventurarti in altri suoi film... oppure da "Ferro 3", gli altri sono un pò più violenti (io li preferisco, ma non so te)

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