..."Dire la verità,quello che non so,che cerco,che non ho ancora trovato.Solo così mi sento vivo."

domenica 24 novembre 2013

"L'ora del lupo" (1968) di Ingmar Bergman


<<Un tempo la notte era fatta per dormire...già, sonni calmi e profondi e svegliarsi poi...senza terrori. Da molte sere siamo svegli fino all'alba, ma questa è l'ora peggiore. Sai come si chiama? Il popolo la chiama l'Ora del lupo, è l'ora in cui molta gente muore e molti bambini nascono, è l'ora in cui gli incubi ci assalgono e se restiamo svegli...>>
<<Abbiamo paura.>>

Oscurità completa. Soltanto qualche lampo di luce ogni tanto, poi soltanto buio, il buio della mente. Non riesci più a dormire, non riesci più a vivere. La tua è una battaglia continua, incessabile, contro il tuo passato, i tuoi rimorsi, contro il tuo futuro, le tue paure. Un vortice da cui non puoi uscire... Alma ti da la mano, prova a tirarti fuori, a salvarti, ma tu la tiri troppo forte verso di te, lei non ce la fa a resistere... adesso quel vortice risucchia anche lei...




Il sonno della ragione genera mostri...

è esattamente quello che accade in quest'opera di Ingmar Bergman. Film oscuro, onirico, inquietante, che si presenta agli occhi dello spettatore come un terrificante viaggio negli angoli più bui della mente umana, un viaggio assolutamente senza ritorno. Un film concepito come una composizione musicale, che certamente più che a raccontare una storia, mira a suscitare emozioni. La trama, infatti, è decisamente esile: è semplicemente la storia di un pittore, Johan Borg (Max Von Sydow), trasferitosi su di un'isola assieme alla moglie Alma (Liv Ullmann), in fuga dai propri incubi, dai propri fantasmi e dalle colpe del passato. E' quindi un ritratto di depressione e follia.

Nella prima parte del film vediamo il protagonista raccontare alla moglie le proprie ossessioni, mentre le mostra gli schizzi raffiguranti una serie di personaggi bizzarri che popolano i suoi incubi... I due sono poi invitati ad una festa nel castello del barone Von Merkens padrone dell'isola ed a cena la moglie scopre che gli altri invitati sono esattamente gli stessi bizzarri ed inquietanti personaggi che le ha mostrato il marito e quel castello non è altro che l'inconscio di Johan, in cui anch'essa si trova adesso a vagare. Sono maschere, non individui, fantasmi, non persone...

Vediamo poi l'amante del pittore e ci assale il dubbio se essa esista veramente o no, se sia un ricordo del passato, oppure una delle tante oscure presenze dell'inconscio del protagonista. Così assaliti da questi dubbi, da questo senso di incomprensione e straniamento arriviamo velocemente alla seconda parte della pellicola. Solo a questo punto, dopo quasi metà film compare il titolo: l'Ora del lupo. E siamo così proiettati nella camera da letto dei due protagonisti, in mezzo al buio completo smorzato soltanto dalla luce di un fiammifero.

<<Questo silenzio opprime la mente, sembra una cosa irreale, neanche il mare si sente, una pace tremenda...non è vero?>>
<<Stai piangendo?>>
<<Non piango, penso al bambino...e a questa silenziosa oscurità, come se non dovesse più far giorno...>>

Da lì in avanti assistiamo così all'inarrestabile sprofondare di Johan nella propria follia E precipitando trascina con sé la moglie Alma, anch'essa ormai preda delle sue stesse paure ed ossessioni. E non c'è via di scampo, se non la morte...

<<Non capisco più niente, non so più che cosa sei, ho solo paura...credi che voglia restare qui e forse finire uccisa, credi davvero che ci tenga a vederti correre dietro quella donna e parlare con i fantasmi?>>


L'approccio al film non è certo semplice, ma andando avanti, si rimane pienamente coinvolti e difficilmente riusciamo a togliere gli occhi dallo schermo, pur sentendoci il cuore in palpitazione. L'uso eccellente delle musiche, dei vari suoni e rumori e di uno splendido bianco e nero (dove domina il nero e per il bianco c'è davvero poco spazio), permettono al regista di creare un crescendo di tensione, che culmina con gli straordinari venti minuti finali, che sono la chiara dimostrazione del suo estro visionario, della sua innegabile maestria nel tradurre le emozioni in immagini. Malgrado le atmosfere in bilico tra l'horror e il thriller, però, il film è ben altro e si inserisce benissimo nella filmografia del maestro svedese.
Le tematiche, infatti, sono le stesse di molti altri film: la fragilità dell'uomo, la sua difficoltà nel mettere a freno le pulsioni dell'inconscio, l'incomunicabilità tra due amanti, l'amore non più corrisposto, la solitudine, la condizione degli artisti che più di ogni altro tendono ad emarginarsi e sprofondare nella depressione. Pochi registi, sono stati così abili come Bergman nel raccontare le debolezze dell'animo umano. Qui però, il maestro svedese, compie un passo ulteriore, sconfinando nei territori del surrealismo, contornando le sue riflessioni filosofiche con immagini di straordinaria e disarmante potenza visiva. Girato subito dopo il capolavoro “Persona”, questo film è probabilmente la sua opera più sperimentale, atipica, decisamente all'avanguardia per il tempo in cui è stata realizzata ed ancora oggi, a più di quarant'anni di distanza, mantiene intatta la propria modernità. Non capisco pertanto come possa essere considerata un'opera minore...

Cosa manca, mi chiedo, ad un film del genere? Perfetto nella forma (grazie alla splendida fotografia di Sven Nykvist, in grado di rendere le ombre ancora più inquietanti ), ed allo stesso tempo decisamente denso di contenuti e spunti di riflessione.
Pertanto, rapportandosi agli anni in cui è stato girato ed ai mezzi a disposizione a quel tempo, penso che ben pochi registi sarebbero riusciti a descrivere così bene in immagini l'effetto devastante che può avere la mente sull'uomo. Guardare questo film è come ritrovarsi a correre dentro un tunnel buio, in fuga dalle nostre peggiori paure...senza mai vedere la luce.


<<Grazie a voi io ho raggiunto il limite...lo specchio si è spezzato, ma... cosa riflettono i frantumi?>>




5 commenti:

  1. l'ho visto un mesetto fa, davvero un film grande e difficile da capire (se con Berman è possibile) in una sola visione.
    e poi le opere minori dei geni sono solo capolavori:)

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  2. Se posso, un consiglio: non modificare i fotogrammi, è sacrilego - è Bergman, dopotutto.

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    1. Grazie per il consiglio, ma non li ho modificati... ho soltanto aggiunto la cornice nera. Per il resto li ho solo ripuliti un po' perchè la qualità non era ottimale. Era fatto proprio per renderli più vicini alla realtà. Un semplice restauro, non una modifica!

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    2. Intendevo proprio quella cornice nera che penetra nel fotogramma, almeno in questo caso: non c'è, è nitido il bordo al cinema. Almeno in Bergman. In "Lezuo" di Boccassini no, per esempio.

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  3. Non saprei dire perché "L'ora del del lupo" viene considerata un'opera minore. C'è tutto Bergman qui e non mi sembra possa invidiare qualcosa a capolavori consacrati quali "Il settimo sigillo" e "Come in uno specchio" (tanto per citarne un paio tra i miei preferiti).

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