..."Dire la verità,quello che non so,che cerco,che non ho ancora trovato.Solo così mi sento vivo."

sabato 1 marzo 2014

"12 ANNI SCHIAVO" (2013) di Steve McQueen


Di fronte ad un film come “12 anni schiavo” penso si debba mettere da parte certo “snobismo” cinefilo ed essere onesti: il terzo lungometraggio di Steve Mc Queen è un gran bel film. E credetemi, lo dice uno che sin da subito aveva storto il naso di fronte al nuovo progetto del regista di “Hunger” e “Shame” ed era rimasto titubante di fronte a questa mega-produzione con un cast di spicco ben distante dai suoi precedenti lavori, temendo un classico film hollywoodiano ruffiano, buonista e moralista.
Ecco, “12 anni schiavo”, a mio modo di vedere, non è niente di tutto ciò. Certo, Mc Queen ha dovuto rivedere un po’ il suo stile di regia, ma la sua impronta resta comunque evidente. Ovviamente è un film pensato per il grande pubblico, per essere apprezzato da molti (cosa che non si poteva dire per Hunger, né soprattutto per Shame), ma questo fatto non costituisce un difetto di per sé. Se un regista come Steve Mc Queen, decide di parlare di un tema a lui caro (sebbene trito e ritrito) e di parlarne ad un vasto pubblico, è davvero una colpa, se poi il risultato è di questa portata? Il problema è che spesso i film pensati per un grande pubblico si rivelano scontati, banali, privi di valore. Ma non è questo il caso.

“12 anni schiavo” è un film potente, fatto egregiamente bene, quasi impeccabile (ed è forse questo l’unico difetto: essere fin troppo perfetto). La regia è splendida, la fotografia sublime e soprattutto è ottimo il modo in cui vengono raccontati i personaggi ed il loro patire. Ancora una volta, infatti, come in Hunger e Shame tema centrale è la sofferenza. La sofferenza fisica, innanzitutto, quella della carne, del corpo che si deteriora, della schiena sfregiata dalle frustate, del sangue in bella vista, delle smorfie di dolore, del sudore. Ma anche la sofferenza mentale, psicologica, quella delle umiliazioni subite, del distacco dai propri cari, della perdita completa delle speranze che ti porta persino a chiedere di essere uccisa…(che scena magnifica quella!) Quando non vedi via d’uscita, quando pensi che la tua vita ormai è segnata.
Ogni personaggio è delineato attentamente, nelle sue sfaccettature psicologiche. Bellissimo quello del protagonista, Solomon Northup, violinista nero di New York, uomo libero che per un inganno si ritrova dall’oggi al domani ad essere venduto come schiavo e finirà presto nelle grinfie di uno spietato proprietario terriero del sud degli Stati Uniti, ma che durante il lungo periodo di schiavitù non perderà mai la sua fierezza, messa bene in evidenza dai continui primi piani sugli occhi.  (parentesi: ritorna anche in questo film la grossa attenzione sugli occhi dei protagonisti, oggetto filmico molto caro a Steve McQueen, a cui davvero basta spostare la telecamera sugli sguardi dei personaggi per trasmettere vagonate di emozioni. )
Ma splendido anche il personaggio del folle proprietario terriero interpretato da un sempre fenomenale Fassbender, attore feticcio di Mc Queen. Il suo è un personaggio complesso, così succube della moglie (lei ancora più spietata), incapace di controllare le proprie pulsioni, i propri scatti d’ira. Beve, urla, cerca di far valere la propria forza quando invece sa di essere un debole… e sembra quasi allucinato da idee religiose distorte. Un personaggio complesso, lo ripeto ed assolutamente  non stereotipato.  E poi che dire del personaggio della povera Patsie, così fragile ed umano?

Ma, credetemi, sta nello stile di regia il vero punto di forza. Nei continui primi piani, nei silenzi, nella scelta dei colori, nella cura dei dettagli (ne dico uno: le bambole fatte con le foglie di grano in una sequenza bellissima). E poi tutti quei lunghi piani sequenza come quello in cui Solomon resta attaccato alla fune per un giorno intero, dopo che avevano tentato di impiccarlo, oppure quello della flagellazione di Patsie in cui è lo stesso Solomon ad essere costretto a frustarla.  E poi ancora tutti quei bellissimi paesaggi usati da Mc Queen nel passaggio da una scena all’altra, che forse dicono più loro di centomila parole… assieme alla magnifica colonna sonora firmata Hans Zimmer.

In definitiva, senza dilungarmi più del dovuto, “12 anni schiavo” è stato ben al di sopra delle mie aspettative.  Sinceramente non posso dire di averlo amato come altri film su questo blog, non lo reputo un capolavoro e lo considero decisamente inferiore a “Shame” , ma è un film che si merita gli elogi e non le critiche fatte per partito preso. E’ un film da vedere. Un film forte. Un bel film.


*nota a margine: forse un bel difetto ce l’ha ripensandoci: il personaggio del salvatore, interpretato da Brad Pitt (che avendo messo i soldi per la produzione, ci si è voluto infilare dentro), così simile a Cristo con quei capelli lunghi e la barba, che un po’ stona con il resto del film, ma che di sicuro non ne abbassa il valore. 












5 commenti:

  1. anche per me un film molto potente.
    e non m'è sembrato nemmeno troppo "piacione", anzi...

    sono d'accordo pure su pitt e il suo personaggio, la parte un pochino più debole di un film per il resto parecchio forte.

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  2. Che dire... io l'ho trovato proprio ruffiano, buonista e moralista! :) Oltre che ideologicamente poco onesto: la schiavitù era era un problema essenzialmente politico ed economico (i grandi proprietari terrieri del Sud osteggiavano la schiavitù non tanto per mancanza di etica civile, ma solo perchè avrebbero perso la manodopera a costo zero) ma di tutto questo nel film non se ne fa una parola. Una pellicola didascalica e piatta, buona forse per le scuole. E per vincere l'oscar! :)

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    1. Mah... giusto confrontarsi. Secondo me l'aspetto politico della vicenda non viene proprio trattato, non per superficialità, ma perchè ciò che interessa a Mc Queen è la persona e la sua sofferenza. C'è l'umanità al centro, quello è ciò che gli interessa. E' una prospettiva diversa. L'interesse è spostato da un'altra parte. Anche in Hunger, del resto, non è che venisse raccontata bene la vicenda politica. è soltanto di contorno. Interessava Bobby Sants, il suo dolore, il suo corpo che si deteriorava... qui è lo stesso.

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  3. Non la penso come Kelvin, ma sono rimasto in parte deluso. Bel film, questo sì, ma forse dovrei rivederlo senza pensare che l'ha diretto McQueen.

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  4. Premetto che io non conoscevo McQueen prima, io l'ho trovato davvero toccante e ben realizzato.
    Non penso sia semplice, per quante siano le persone a provarci, trattare questa tematica con tanto rispetto. Detto questo, e parlando di schiavitù, non è nemmeno lontanamente paragonabile a Django Unchained di Tarantino.

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