..."Dire la verità,quello che non so,che cerco,che non ho ancora trovato.Solo così mi sento vivo."

sabato 6 luglio 2013

HIROSHIMA MON AMOUR di Alain Resnais (1959)



Un altro film dove è la POESIA a farla da padrona. Si parte con le immagini stupende di due corpi che si avvinghiano in un abbraccio passionale, carnale, non si vedono i volti ma soltanto le mani che si muovono dolcemente sulla schiena dell'altro. Una pioggia di cenere, poi il sudore... a quel punto iniziano le parole, sussurrate, ma dense di significato. La letteratura si mischia alla pittura e così dalla dimensione erotica si viene presto catapultati ad Hiroshima, in mezzo a scene di dolore e devastazione. Corpi straziati, bambini in lacrime, donne senza occhi, palazzi distrutti, campi desolati... E poi di nuovo i dialoghi in camera da letto. La “grande” storia ha fatto il suo corso, ma c'è anche la “piccola” vicenda dell'attrice francese in trasferta ad Hiroshima per girare un film e di un architetto giapponese. Si stanno amando, ma già si intuisce che è un amore destinato a finire con rapidità. Entrambi sposati, entrambi con la propria vita, che si aprono l'uno all'altra, si confidano i ricordi, i dubbi, le paure. Che sono, però, destinati a dimenticare. E' infatti un film essenzialmente sul tempo... il tempo che scorre inesorabile e rende tutto precario ed evanescente. E' un film sui ricordi destinati a dissolversi, sulle grandi passioni destinate a spegnersi... Si ritorna ad Hiroshima, ci vengono ripresentati i dati, una voce ci ricorda che di come ci furono “200.000 morti e 80.000 feriti in nove secondi. Queste cifre sono ufficiali. Ma tutto ciò si ripeterà. Avremo 10.000 gradi sulla terra: 10.000 soli, si dirà. Brucerà l'asfalto, regnerà un profondo disordine, un'intera città sarà sollevata da terra e ricadrà in cenere, e vegetazioni nuove sorgeranno dalla sabbia.”

“Come in amore esiste questa illusione di non poter mai dimenticare”, ed invece sembra che tutto prima o poi si dimentica...
E così siamo di nuovo insieme ai due amanti, li seguiamo mentre vagano insieme per Hiroshima, si salutano, si abbandonano, si rincontrano, si sfuggono. Dalla dimensione storica si passa a quella sentimentale, esistenzialista. Il tutto, mentre continuiamo ad essere accompagnati da una carrellata di immagini in bianco e nero, una più bella dell'altra. Lei parla a lui del suo amore giovanile, un soldato tedesco incontrato a Nevers e quindi anche il passato si intromette, dal Giappone si torna in Francia, la si segue narrare della propria follia, della propria depressione, mentre lui le dice “Sei come mille donne messe insieme”... L'atmosfera si fa sempre più magica, surreale. Ormai la storia si fa lontana, ormai si fluttua in una dimensione esterna... C'è di tutto: la guerra, l'amore, la memoria, la pazzia, la paura... Il Morandini scrive: “Il suo fascino nasce dall'impiego dei contrari (Nevers e Hiroshima, l'amante tedesco ucciso e l'amante giapponese di 36 ore senza domani), l'etnia e la cultura diverse, il passato e il presente, la percezione e l'immagine mentale, la necessità della memoria e la fatalità dell'oblio, il dialogo e il monologo, il documentario e la poesia, la realtà quotidiana e l'incantatrice litania erotica), dalla dialettica tra fascinazione e decostruzione, tra partecipazione e distanziazione. Nel trasformare il ricordo (uno stato) in memoria (un atto) la donna si libera di quell'incantesimo e ricomincia a vivere.”

Alcune scene indimenticabili ed una delle affermazioni più precise ed azzeccate di sempre: <<È come l'intelligenza, la follia. Lo sai? Non si può spiegarla, proprio come l'intelligenza: ti viene addosso, ti riempie di sé, e allora la capisci. Ma quando t'abbandona, non la capisci più.>>

Splendida la Fotografia di Sacha Vierny e Michio Tanasaki.











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