..."Dire la verità,quello che non so,che cerco,che non ho ancora trovato.Solo così mi sento vivo."

venerdì 19 luglio 2013

"LANTERNE ROSSE" di Zhang Yimou

“Tutto è rappresentazione, se reciti bene inganni gli altri, se reciti male inganni te stessa, se non sai nemmeno ingannare te stessa non ti restano che i fantasmi…”
“tra gli uomini e i fantasmi, la sola differenza è il respiro…”


Tratto dal romanzo “Mogli e concubine” di Su Tong, “Lanterne rosse” di Zhang Yimou è uno straordinario affresco della condizione femminile nella Cina degli anni 20′…(ma implicitamente costituisce una condanna anche alla società cinese attuale, anche oggi come allora, morbosamente attaccata a delle assurde tradizioni). Una tragica sinfonia in rosso, suddivisa in atti corrispondenti alle varie stagioni, in cui si assiste dall’inizio alla fine della pellicola ad una escalation di disperazione, follia, morte. Con questa pellicola Zhang Yimou ha presentato la propria Cina all’intero mondo, ce l’ha sbattuta in faccia con tutte le sue contraddizioni. Un dramma da camera che non può non ricordare il bellissimo “Sussurri e Grida” di Bergman. Anche qui poche stanze, quattro personaggi femminile ed il colore rosso che con violenza domina le immagini.La protagonista del film è la giovanissima Song Lian, che per fronteggiare la miseria, nella quale è precipitata la sua famiglia dopo la morte del padre, decide di interrompere gli studi ed andare in sposa ad un ricco signore, diventando così una delle quattro mogli (concubine) del nobile Chen. Sin dalla prima inquadratura, siamo catapultati nella sofferenza della giovane ragazza. Il primo piano sui suoi occhi stracolmi di tristezza, non lascia alcuna possibilità di interpretazione. 
Song Lian è disperata, non ha scelta, non ha alternative. La tragedia si consuma già nei suo occhi, nel suo volto che prova ad essere impassibile, ma non ce la fa a celare il dramma personale. La vediamo poi arrivare all’abitazione del padrone e da lì in poi tutto il film si svolge tra le mura di quella casa, così simile ad una prigione. Ognuna delle quattro mogli ha la propria stanza ed una propria serva, ma ogni giorno, soltanto una delle quattro può ambire a passare la notte con il signor Chen. Il rituale è sempre lo stesso: il padrone sceglie con quale concubina dormire ed allora vengono portate le lanterne rosse a quella abitazione e viene offerto un massaggio ai piedi alla signora prescelta. Così quella routine diventa quasi snervante: l’urlo del servo “Laaaanteeerne alla quaarta caasa” è il triste leit motiv di tutto il film. Così come il rumore dei ferri per il massaggio ai piedi, l’unica gentilezza riservata alle signore, che appaiono come delle serve, degli oggetti indifesi al servizio del marito, utili soltanto per il sesso e per dare figli (maschi perché “una femmina non serve a niente”). Quel massaggio diventa tristemente il loro unico scopo, l’unica ragione di vita. 
E’ quindi un dramma soffocante, che si consuma lentamente, tra doppi giochi, falsità ed inganni. Il rosso in questo caso non è il colore del sangue, ma è comunque colore di violenza, una violenza più subdola, psicologica. Le quattro signore sono costrette dalla condizione in cui si trovano a competere tra loro per avere un minimo d’amore e fanno di tutto per prevaricare l’una sull’altra… Vederle architettare piani crudeli soltanto per quel massaggio ai piedi e quelle lanterne in camera, diventa asfissiante anche per lo spettatore. Vediamo, infatti, progressivamente la giovane Song Lian restare imprigionata in questo vortice, la vediamo crollare, diventare anch’essa parte del crudele meccanismo, costretta ad ingannare le altre per sopravvivere.
Bellissimo anche il personaggio della serva di Song Lian, una schiava (quindi di condizione ancora più inferiore, quasi pari allo zero), che sogna di diventare un giorno una concubina e così si rinchiude in camera con le lanterne rosse, chiude gli occhi, alza le gambe e si immagina di ricevere il massaggio ai piedi… Oppure quello della terza signora, forse il personaggio più complesso, ma anche più affascinante, una ex cantante lirica di indole ribelle, libera ed eccentrica. Il suo canto assume i connotati di un stridulo urlo di disperazione e solitudine.
E così ben presto ci accorgiamo che la luce rossa di quelle lanterne non è un simbolo di amore, ma di morte. Comprendiamo che in quella abitazione regna inesorabilmente un clima di odio, veleno ed invidia tra le quattro mogli, tutte in competizione tra loro per ricevere quelle poche attenzioni che vengono loro riservate dal signor Chen, che con un ottima scelta registica di Zhang Yimou non viene mai inquadrato da vicino, quasi a voler rimarcare il totale distacco, lo sentiamo soltanto parlare, senza nemmeno sapere le sue fattezze fisiche. D’altronde non avrebbe alcuna importanza.
Il tutto è narrato con una regia magistrale. Visivamente, è uno splendore. La fotografia infatti ci regala delle immagini stupende, ed assistiamo al contrasto tra le stanze illuminate dalla luce rossa delle lanterne, ed il grigio quasi nero dei muri delle abitazioni, fino ad arrivare al bianco gelido della neve. Ogni primo piano è azzeccato, ogni dialogo è denso di straordinaria sensibilità. Non c’è una musica sbagliata, non c’è un colore fuori posto.
E’ quasi un Horror psicologico. Si vedono solo poche gocce di sangue, ma la violenza, seppur silenziosa e celata, è sempre presente.
Un film che fa riflettere ed emozionare. Che ci fa incazzare, ma anche commuovere. Impossibile non sentirsi in empatia con le quattro signore ed alla fine è anche impossibile persino biasimare i loro comportamenti più malvagi.
Indimenticabile: ti si imprime nella mente e nel cuore e non ti abbandona più.
Menzione d’onore per la straordinaria Gong Li, che in questa pellicola, nel suo ruolo di triste eroina, è veramente una dea.





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