DIO E' MORTO. MA IL CINEMA E' VIVO.
Piange Daisy. Piange in
continuazione quella piccola creatura. E piange. E grida. Incessantemente. Non
ti dà pace. Piange di notte. Di giorno. Durante le tue audizioni. In
ogni istante della tua vita. Ma è la tua bambina, innocente figlia
indesiderata di uno stupro. La ami come ogni madre, ma la odi perché
non la volevi, perché ti toglie il respiro, perché non ti lascia
vivere.
Forse è nata per rovinarti la vita.
O forse è lei ad odiarti. Forse è proprio per quello che piange.
Perché odia la persona che l'ha messa al mondo. Perché non vuole
essere tua figlia.
Per colpa sua
vedi sfumare molte occasioni di lavoro. Ma provi a resistere. La
guardi negli occhi. Niente. Non smette di piangere. E tu stai
impazzendo, non ce la fai più. La soluzione è una soltanto:
liberarsi di lei. Prendere il suo corpicino ed infilarlo nella vasca
da bagno, fino a che i suoi polmoni non si siano riempiti di acqua,
fino a che non sia diventata completamente blu in volto.
Adesso è immobile, non piange più.
Ma sei te, adesso, a piangere e
gridare. Non te ne sei liberata. Daisy è ancora lì con te. Nel
letto mentre non riesci a dormire. Ed è cresciuta e ti chiede:
perché? Ti ricorda che madre crudele che sei stata.
Le parti continuano a non arrivare.
Forse non era lei il problema. Forse sei tu che non hai talento. Come
ultima beffa scopri che la vicina di casa gestisce un asilo nido. Ti
avrebbe permesso di lasciarle Daisy. Senza pagare. Se solo non tu
l'avessi uccisa.
Ma è tardi ormai. Sei un'assassina.
Un'attrice mediocre. Una fallita. Una puttana. Ma sei anche un essere
umano e puoi continuare a fare ciò che hai sempre fatto: recitare.
Ed allora interpreti la parte della tua vita. Ti spogli, di fronte
alle telecamere. Ti immergi nella vasca. Riempi i tuoi polmoni di
acqua, con gli occhi aperti, verso l'alto, fino a quando non restano
sbarrati.
Dio è morto. Dio è morto per Simon Staho. Dio è morto in ogni
scena di questo film. Ma il cinema è vivo, con tutta la sua potenza
e bellezza. “Daisy Diamond”, lungometraggio del 2007 firmato dal
regista danese Simon Staho è un film che mette a dura prova lo
spettatore, lo obbliga ad astenersi da ogni giudizio morale. E lo fa
soffrire. Tantissimo. Troppo?
Un film “Bergmaniano”
nell'impostazione e nei contenuti, è la storia di una giovane madre,
desiderosa di fare l'attrice, ma incapace di prendersi cura della
piccola figlia , frutto della violenza subita dall'ex fidanzato che
ha pensato bene di sparire. E non c'è latte nei seni. E non ci sono
soldi per campare. E' quindi la storia di una persona fragile che in
preda alla disperazione arriva a compiere il più crudele dei
crimini. Non solo omicidio. Non solo infanticidio. Ma anche
figlicidio.
E così la vediamo precipitare nella
follia, nel rimorso, nella profonda disperazione, mentre risuonano i
monologhi e i dialoghi di “Persona” di Bergman. L'utilizzo
continuo di lunghissimi primi piani ci costringe a scrutare dentro i
suoi occhi. Cosa vediamo? Un essere spregevole destinato all'inferno
oppure un essere umano?
Nella seconda ipotesi, possibile
soltanto se accettiamo di essere a-morali, possiamo entrare in
empatia con il personaggio di Anna. E la seguiamo nella sua
punizione, orribile quasi quanto la colpa. La vediamo sottoposta
(sottoporsi) a terribili torture sia psicologiche che fisiche. Il suo
corpo nudo, privo di ogni difesa, diventa oggetto di violenza ed
umiliazione. Lei continua a guardarci con lo sguardo rivolto in
camera. Ci sussurra. Poi grida. Poi nuovamente sussurra, in un
continuo esame di coscienza.
Ed il tutto mentre cinema (finzione) e
vita (realtà) si mescolano indissolubilmente.
Credetemi, avrei preferito stroncare
questo film. Avrei preferito che non mi fosse piaciuto, mi sarei
sentito meno colpevole. Avrei preferito condannarlo, essere qui a
scrivere: <<Perchè scomodare Bergman? Quale presunzione nel
prendere dialoghi ed immagini di un capolavoro assoluto come
“Persona” ed infilarli un film così mediocre che tenta soltanto
di provocare e scandalizzare? >>
Ma la realtà è che questo “Daisy
Diamond” è tutto tranne che un film mediocre. Non ce la faccio
perché una pellicola grandiosa, magnifica, nella forma, nei
contenuti, nelle musiche, nel modo in cui è scritta e recitata.
Quasi perfetta nel raffigurare l'essere umano e la sua innata
debolezza.
Come un film di Bergman. Ecco, l'ho
detto.
Voto “a caldo”: 10.
Strepitosa Noomi Rapace.