..."Dire la verità,quello che non so,che cerco,che non ho ancora trovato.Solo così mi sento vivo."

giovedì 23 gennaio 2014

"BIRDCAGE INN"(1998) di Kim Ki Duk

COME PESCI IN UN ACQUARIO...


Birdcage Inn è il terzo lungometraggio girato da Kim Ki Duk e pur essendo ancora decisamente “acerbo” come lo erano i precedenti film "Crocodile" e "Wild Animals", non è privo di suggestioni poetiche ed innumerevoli spunti di riflessione. L'analisi della società coreana che ne è esce e dell'umanità in generale presenta già quella spietatezza e quel pessimismo di fondo che caratterizzerà anche i lavori successivi...


Al centro della scena c'è una famiglia molto in basso nella scala sociale, composta da padre, madre, fratello e sorella. Fonte di guadagno è la gestione di uno squallido motel-bordello, dove i clienti possono passare la notte in compagnia di una prostituta, Jin-Ah, l'altra protagonista, che di notte vende il suo corpo e di giorno si dedica alla sua più grande passione: l'arte. Prende il suo quaderno e si reca in spiaggia e lì dipinge, piantando a fianco a se la riproduzione di un quadro di Egon Schiele*, come se fosse un ombrellone. Quando cala il buio, invece, comincia la solita routine fatta di violenza, sfruttamento, umiliazione, non solo da parte dei clienti, anche dal padre di famiglia e dal figlio. In più, è odiata e disprezzata dall'altra figlia. Hye-mi infatti non può accettare Jin-Ha, si vergogna della propria famiglia e proietta tutta la sua rabbia repressa sulla giovane prostituta...

Tutto qua. Un affresco reale di quella che è una problematica ben radicata nella società coreana. Chi conosce Kim Ki Duk, però, sa bene che la realtà è solo il punto di partenza per un dispiegarsi continuo di simbolismi e per una riflessione che si fa universale e riguarda l'intera umanità.


Ecco...Forse quei pesciolini rossi che in varie scene del film si ritrovano agonizzanti fuori dall'acqua, rappresentano alla perfezione la condizione della protagonista, costretta a vendere il proprio corpo ad altre anime disperate che vagano in cerca di un po' di sollievo tra le gambe di una ragazza. Come i pesci che sono in trappola dentro un acquario, ma che non sono in grado di vivere al di fuori di esso, anche lei non può fuggire dalla propria prigione. E vedendo il tutto sotto una prospettiva più ampia, nemmeno gli altri personaggi possono evadere dalla loro condizione, dal loro destino. Siamo tutti puttane, tutti pesciolini rossi. Oppure tutti come quelle tartaruga inquadrata all'inizio dei film che si trova a vagare indecisa sull'asfalto della strada mentre le macchine le sfrecciano a fianco.



Da quella prigione non può liberarsi il padre di famiglia, la cui fonte di guadagno è proprio lo sfruttamento della prostituzione, proprio come sarà per il “Bad Guy” del capolavoro successivo. E non è che non possa per ragioni economiche, il problema è un altro... è nato in quel mondo, probabilmente non è istruito, probabilmente non ha visto “altro”. Un po' come sarà anche il vecchio de “L'arco” ripensandoci bene: un torturatore che, però, non riesce a tenere dentro di sé l'affetto per quella povera ragazza (ed infatti verrà fuori più volte nel corso del film). E' colui che ti stupra, ma che poi in altre occasioni ti protegge, ti abbraccia, ti coccola.
In effetti, tutti gli uomini del film sono raffigurati come delle bestie “strane”. Dico bestie perché sembrano animali feroci e spietati in preda a degli istinti incontrollabili di violenza e prevaricazione sul più debole... ma dico anche “strane” perché possiedono quella fragilità e quella debolezza d'animo che difficilmente si può trovare in una tigre o in una iena. Sono “umani”.

Ma è soprattutto una storia al femminile. Le protagoniste vere, infatti, sono le due donne. Vittime entrambi, una in modo, una nell'altro, apparentemente incapaci di reagire che però, alla fine non si arrendono... anzi, si evolvono man mano che la pellicola va avanti... maturano. Come matura il rapporto tra Jin-Ha e la figlia del proprio sfruttatore. Imparano a conoscersi, a rispettarsi, si osservano, si seguono, provano a fare gli stessi gesti in un surreale gioco di specchi...


A metà film, infatti c'è una frattura: la storia prende tutta un'altra piega. Dal conflitto si passa all'amicizia, dalla diffidenza alla fiducia ed alla stima. Quelle due donne che sembravano così fragili e così distanti tra loro, attraversano entrambe, parallelamente, un processo di crescita interiore e dopo tanta sofferenza, cominciano a diventare complementari, a prendere il buono l'una dall'altra... e quello che era sin lì un ritratto realistico, comincia ad acquistare in pieno stile Kim ki Duk una notevole forza poetica.
Ed alla fine, quindi, non resta che liberare finalmente quel pesciolino rosso, lasciarlo andare nell'oceano... osservarlo gioire finalmente della propria libertà.

Tutto troppo bello per essere reale, vero?
Ed infatti nevica...in primavera.

Guardate questo film. Un'altra meraviglia firmata Kim Ki Duk.




 *i quadri di Schiele si ritroveranno anche in film successivi. E' evidente l'amore di Kim per tale artista. Anche il regista sud-coreano, del resto, nasce come pittore, prima di approdare alla telecamera.



lunedì 13 gennaio 2014

"CASTAWAY ON THE MOON" di Hae-jun Lee (2009)

"Amo così tanto la luna...

non c'è nessuno lassù...
e se non esiste nessuno

la solitudine non ha senso" 


Ancora una storia di solitudini che si incontrano, si cercano, si inseguono...si amano?
Una commedia surreale, onirica, forse anche grottesca, ma così delicata e poetica da riuscire ad incantare chi la guarda.
Poco importa se la storia sia oltre il limite che separa il reale dall'assurdo, non è quello che conta. Come spesso accade nei film orientali ad avere l'importanza sono le immagini, i gesti semplici, le poche parole...

Si ride tanto eppure ci si commuove di fronte a questi due personaggi.
Da una parte Lui, uno come tanti, anzi...un inetto come tanti, senza soldi, pieno di debiti, appena lasciato dalla fidanzata che lo disprezza. La sua vita sta andando a puttane, sta...naufragando, ancor prima di prendere la decisione di gettarsi da quel ponte, con l'intenzione di suicidarsi, fuggire da tutto e da tutti.
Ma anche il suicidio non va in porto e si ritrova così su di un isolotto in mezzo al fiume, vicinissimo a quella città, quella società che lo annientava, eppure allo stesso tempo così lontano, distante,
invisibile. Come prima, come sempre insomma.

“Che stupido, non sei nemmeno capace di suicidarti.”

Il telefono ovviamente ha finito la batteria e di nuotare non è capace (sennò il film nemmeno cominciava). E' lì su quell'isolotto, in mezzo ai rifiuti della società...spazzatura, bottigliette di plastica, scatolette di tonno ed una vecchia barchetta a pedali fatta ad anatra. Solo con se stesso e la sua fragilità, i suoi rimorsi, i suoi incubi... con quelle carte di credito prosciugate che non gli servono più a niente, giusto giusto per pulire la barchetta dalla cacca degli uccelli.
Fatto sta che decide di rimandare il suicidio e tentare di sopravvivere su quell'isola, dove la società ed il resto dell'umanità non possono più fargli del male... e così, quindi, incomincia a darsi da fare come un novello Robinson Crusoe, riscopre la bellezza della natura, il sapore dimenticato della noia.



E poi c'è Lei, dall'altra parte del fiume. Una giovane ragazza. Anche lei è sola, anche lei per scelta. Non ha tentato il suicidio, ma si è barricata nella propria camera, in fuga dal mondo. Non esce mai, nemmeno fa entrare la luce del sole. Dorme dentro nell'armadio, si sottopone all'autoipnosi per addormentarsi e vive soltanto una vita virtuale sul web “dove puoi essere chi vuoi”.
Poi la sera, da spazio alla sua più grande passione: Fotografare la Luna.
“Amo così tanto la luna, non c'è nessuno lassù...e se non esiste nessuno la solitudine non ha senso”

Solamente due volte all'anno, durante delle esercitazioni antiterrorismo si concede di guardare il mondo, perché in quelle situazioni la città si svuota...
“Due volte all'anno, per soli venti minuti il mondo si svuota, come sulla luna la gravità diventa un sesto di quella reale. Come vorrei che il mondo restasse sempre come in questo momento. Anche la vita peserebbe un sesto...”


Ed è proprio in quei momenti in cui il mondo diventa Luna che Lei con il suo cannocchiale scorge Lui.
“Un alieno” esclama! Perché di alieni si tratta... se i terrestri sono quelli normali, che vivano la loro vita in città come tanti. Che vivono senza paura della vita. Loro no, loro sono alieni...

Però pian piano, mandandosi messaggi, lui scrivendo sulla sabbia, lei gettando da un ponte bottigliette di vetro contenenti lettere, cominciano a conoscersi...o meglio ad avvertire a vicenda la presenza dell'altro.
Ed allora quella solitudine pian piano si dissolve, la musica cambia... quelle tende in camera le puoi aprire, non c'è più bisogno di ripararsi dal sole, di nascondersi dal mondo. Ed allora puoi uscire anche di casa senza casco, correre verso l'altro, solamente per dirgli come ti chiami. Solo per dirgli Io ci sono. Non sei più solo. Non lo siamo più.
_______________________

Fidatevi, è una meraviglia questo piccolo film. E' una commedia, certo, e non ha assolutamente pretese autoriali, ma riesce a colpire, emozionare, trasmettere grande forza vitale ed energia positiva. Molto curata nei dettagli, in alcune trovate visive sensazionali, con delle scene che ti lasciano per qualche secondo senza fiato e ti fanno rimandare indietro il film per vederle, rivederle, rivederle ancora... Se fossero tutte così le commedie!

Unica pecca, se proprio vogliamo trovargli un difetto, direi il finale leggermente scontato, non all'altezza di tutto ciò che c'è davanti, ma tutto sommato di fronte ad una commedia del genere c'è solo da battere le mani.


Un ringraziamento speciale al mio “maestro” Oh Dae-soo de “Il buio in sala”, che se non lo avesse inserito nella sua classifica di fine anno, probabilmente mi sarei fatto scappare questo gioiellino.



"The lunatic is on the grass 

The lunatic is on the grass 
remembering games and daisy chains and laughs 
got to keep the loonies on the path 

The lunatic is in the hall 
the lunatics are in the hall 
the paper holds their folded faces to the floor 
and every day the paper boy brings more 

And if the dam breaks open many years too soon 
and if there is no room upon the hill 
and if your head explodes with dark forbodings too 
I'll see you on the dark side of the moon 
The lunatic is in my head 
The lunatic is in my head 
you raise the blade, you make the change 
you rearrange me ' till I'm sane 
you lock the door 
and throw away the key 
there's someone in my head but it's not me 

And if the cloud bursts, thunder in your ear 
you shout and no one seems to hear 
and if the band you're in starts playing different tunes 
I'll see you on the dark side of the moon"

venerdì 10 gennaio 2014

"MISTER LONELY" (2007) di Harmony Korine

Caro mondo, caro mondo e chiunque lo abiti.
Durante quest'anno ho notato che hai cercato di tagliarmi fuori.
Ho notato che tu credi che io sia molto strano.
E ritieni che il mio modo di pensare sia sbagliato.
Caro mondo e chiunque lo abiti, dal momento in cui sono nato ricordo di essermi sentito diverso.
Ricordo di aver pensato di possedere una percezione speciale che mi permetteva di vedere le cose che tu non riuscivi a vedere.
Non credo di aver mai provato quello che provi tu.
Non sono proprio arrabbiato per questo
sembra che le cose siano così e basta.
Devo ammettere di aver trascorso la maggior parte della mia vita sentendomi confuso.
Sentendomi alienato e disconnesso.
Non ho mai capito le cose nella maniera in cui sembrava che le capissero gli altri o non ho mai capito le cose esattamente.
Caro mondo,
caro mondo e chiunque lo abiti,
è difficile ridere sempre
quando non sai cosa ci trovi di tanto divertente la gente.”



Di solito uno si sente solo quando gli mancano gli altri...Ecco, al protagonista di questo film, gli manca pure sé stesso. E lo stesso dicasi anche di tutti gli altri strani personaggi di questa pellicola, tutti al limite tra la normalità e la follia, “borderline” come negli altri film di Harmony Korine. Una serie di persone che hanno votato la propria esistenza al diventare dei sosia di qualcun altro. C'è Michael Jackon, il protagonista, c'è la tenera e fragilissima Marylin Monroe, c'è un crudele Charlie Chaplin, interpretato da un sempre straordinario Denis Lavant, c'è Madonna, c'è il presidente Lincoln, ci sono la regina di Inghilterra, James Dean, il papa, Shirley Temple ecc... e perciò tutto diventa piuttosto surreale. In realtà, è tutto più Reale di quanto possa sembrare... Cos'è un sosia, in fin dei conti, se non un semplice individuo che non sta bene con se stesso e decide di indossare una maschera per vivere nel mondo? E' davvero una cosa così strana? Quanti di noi ci troviamo a vivere nelle stesse condizioni, dovendo indossare una maschera, perché non sappiamo chi siamo, non vogliamo scoprirlo, oppure lo sappiamo e non vogliamo ammetterlo, non possiamo accettarlo...


Ecco quindi che il film di Korine diventa una rappresentazione, seppur pittoresca e grottesca, di quella che è una condizione esistenziale molto diffusa nella società attuale. Vien naturale quindi immedesimarsi con questi personaggi. Il film, perciò, sotto le sembianze di una romantica favola moderna, diventa qualcosa di ben più profondo...toccante, emozionante. Personalmente è riuscito a raggiungere alcune corde emotive che mi guardavo di tenere ben nascoste e protette dentro di me. Però qui ci si lascia andare, grazie alle melodie musicali sognanti, alle immagini colorate, alla trama semplice ma appassionante. Anche perché non ci è mai capitato di vedere la storia di un sosia di Michael Jackson che si innamora di una sosia di Marylin Monroe e decide di andare a vivere con lei in una comune, popolata da tantissimi altri sosia.

 Il film si sviluppa con leggerezza e così ci facciamo trascinare, ma pian piano ci sentiamo pungere sempre di più da quella malinconica di cui è pervasa la pellicola. Non è possibile, avendo una certa sensibilità, non farsi toccare da quella sequenza in cui vediamo il protagonista dipingere volti su delle uova per parlare con loro nei momenti di solitudine. Non è possibile restare impassibili di fronte a quel monologo che ho deciso di citare in apertura, oppure dinanzi a quello spettacolo teatrale fatto di fronte ad una platea quasi vuota, per non parlare di quello iniziale nell'ospizio in cui Michael e Marylin si incontrano... tutto così dolce da renderci vulnerabili, in modo da restare ad un certo punto, improvvisamente feriti, senza preavviso...

Detto questo, signori e signore, pensate pure ciò che vi pare...ma io continuo a sostenere che Harmony Korine è uno dei registi più talentuosi attualmente in circolazione. Non solo un regista controverso e fuori dall'ordinario, ma un ottimo regista!

E mi sorprendo che questo film, a giro sia piaciuto poco. Persino ai fan della prima ora di Korine. E' vero, è un film diverso da Gummo...manca tutta quella carica esplosiva, quella provocazione, quella spazzaturra gettata in faccia allo spettatore (come anche nel più recente Spring Breakers)...ma allo stesso tempo non mi sembra nemmeno così diverso. Anche perché sinceramente io in Gummo, in mezzo a quell'estetica dell'orrido e del riprovevole, avevo visto anche tanta delicatezza, tanta malinconia. Ecco, in questo Mister Lonely, Korine ha voluto dare spazio maggiormente a questi altri due ingredienti, delicatezza e malinconia, ma il risultato non è certo di poco valore.
Con questo non voglio dire che il film sia privo di difetti. Quelli ce ne sono, eccome se ci sono...come in primis quel cameo di Werner Herzog abbastanza gratuito e sconnesso da tutto il resto, ma posso perdonarglielo, di fronte ad una così bella storia di solitudini che si incontrano.

E poi...In fondo, quanti registi ti fanno vedere delle suore che si buttano da un aeroplano sopra una bicicletta? :-P 


Lonely, I'm Mr. Lonely,
I have nobody for my own.
I'm so lonely, I'm Mr. Lonely,
Wish I had someone to call on the phone.
I'm a soldier, a lonely soldier,
Away from home through no wish of my own.
That's why I'm lonely, I'm Mr. Lonely,
I wish that I could go back home.
Letters, never a letter,
I get no letters in the mail.
I've been forgotten, yeah, forgotten,
Oh how I wonder how is it I failed.
I'm a soldier, a lonely soldier,
Away from home through no wish of my own.
That's why I'm lonely, I'm Mr. Lonely,
I wish that I could go back home"

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