IL momento in cui, per la prima volta ho assistito al finale di “Otto
e mezzo” di Federico Fellini penso sia stato uno degli attimi più
belli della mia vita, uno dei più emozionanti, non sto scherzando.
Scusate i toni romantici, ma per me, in quel finale si racchiudeva
tutto il senso non solo del film, ma dell'intera esistenza. Quella
frase “tutta questa confusione sono io”, pronunciata da un
indimenticabile Marcello Mastroianni, si portava dietro una quantità
di emozioni impressionante. Fellini in questo film, infatti, ci ha
infilato veramente di tutto: amore, passioni, paure, fantasie, dubbi,
ricordi. Ci sono le pulsioni dell'inconscio, ci sono i desideri, c'è
il senso di inadeguatezza, c'è la parodia nei confronti della
critica cinematografica “accademica”, c'è la religione, il
rapporto con Dio, c'è il bisogno di cercare nuove sensazioni al di
fuori della vita coniugale, c'è il tentativo di dare un senso al
proprio vagare, e l'incapacità perenne di riuscirci. Gli occhiali si
annebbiano e non vedi niente. Tenti di sognare e voli tra i propri
sogni, ma con una fune legata al piede ti ritrascinano
inesorabilmente a terra. Ci sono le bugie, ci sono gli affetti. Ci
sono i preti e ci sono i clown. C'è un continuo girovagare, un
tentare nuove vie. C'è una costante malinconia alternata a repentini
sprazzi di felicità.
Anche
su questo film, essendo uno dei capisaldi della storia del cinema c'è
ben poco da aggiungere rispetto a quello che è già stato detto e
sinceramente non saprei cosa scrivere. Un gioiello, un film che
veramente si merita l'appellativo di “capolavoro” (di cui
purtroppo ultimamente se ne fa un abuso impressionante). Nel definire
“otto e mezzo” un vero capolavoro, però non si esagera. Anzi,
forse gli sta anche stretto, perché siamo di fronte ad un qualcosa
che va ben oltre il cinema. Questa è arte, espressa ai massimi
livelli.
Si intitola “Otto e mezzo”, perché è il nono film di Fellini, ma l'ottavo diretto da solo, dal momento che il primo lungometraggio, “luci del Varietà” lo ha diretto in coppia con Alberto Lattuada. Un chiaro riferimento autobiografico quindi, ed infatti il protagonista del film è un regista, Guido, che sta scrivendo un film ed è prossimo alla realizzazione, ma non ha ancora sviluppato un quadro preciso di quel che il film sarà. Non c'è ancora una trama delineata e perciò non riesce nemmeno a dire agli attori che lo assillano, quale parte avranno nel film, perché semplicemente ancora non lo sa, nemmeno lui...Crisi di ispirazione o crisi esistenziale? Oppure troppe idee disordinate? Diviso tra moglie, amante e l'amore per una bellissima attrice, lo vediamo perdersi nel proprio mondo. E restiamo sempre più confusi. Non sappiamo se le scene a cui stiamo assistendo siano parte della sua vita, del suo passato, del suo inconscio o parte del film che sta architettando nella sua mente. Non ha importanza, perché tutto si fonde, l'uno dipende dall'altro, sono soltanto dettagli (bellissimi) della vita di un uomo. Fellini ci trascina con sé, tra caroselli alle terme, hall di alberghi di lusso e camere da letto... cimiteri e bagni turchi...basta lasciarsi trasportare, accompagnati dalle splendide musiche di Nino Rota, talvolta allegre con brio, talvolta più cupe. Le immagini sullo schermo, in uno splendido bianco e nero, sono tra le più belle che potrete vedere.
Eccezionale la scena dell'Harem, (con tutte le donne della sua vita che chiamano Guido, lo trascinano lo baciano e lui si ritrova a dover fare da domatore di tutto quello ambaradan con una frusta), oppure quella in cui viene introdotta la prostituta Saladina, simbolo per Guido della scoperta infantile del mondo del sesso. Non c'è un dialogo sbagliato. Ci sono tanti dialoghi apparentemente vuoti, è vero, ma sono funzionali alla storia. Fra tutti, lo scambio di battute tra Mastroianni e Claudia Cardinale è davvero indimenticabile, sublime..
"Guido: Tu saresti capace di piantare tutto e ricominciare la vita da capo? Di scegliere una cosa, una cosa sola ed essere fedele a quella? Riuscire a farla diventare la ragione della tua vita, una cosa che raccolga tutto e che diventi tutto proprio perché la tua fedeltà che la fa diventare infinita. Ne saresti capace? Ecco ascolta se io ti dicessi, Claudia...
Claudia: E tu... saresti capace?
Guido: No... no questo tipo no, non è capace. Questo vuole prendere tutto, arraffare tutto, non sa rinunciare a niente; cambia strada ogni giorno perché ha paura di perdere quella giusta, e sta morendo, come dissanguato.
Claudia: E così finisce il film?
Guido: No comincia così, poi incontra la ragazza della fonte, è una di quelle ragazze che danno l'acqua per guarire, è bellissima, giovane e antica, bambina e già donna, autentica, solare. Non c'è dubbio che sia lei la sua salvezza"
oppure:
"Claudia: Della storia che mi hai raccontato non ho capito quasi niente. Ma scusa, un tipo così, come tu l'hai descritto, che non vuol bene a nessuno, non fa mica tanta pena sai? In fondo è colpa sua. Che cosa pretende dagli altri?
Guido: Perché? credi che io non lo sappia? Come sei noiosina, anche tu.
Claudia: Ah ma non ti si può dire proprio niente! Quanto sei buffo con quel cappellaccio truccato da vecchio! Io non capisco, incontra una ragazza che lo può far rinascere, che gli ridà vita e lui la rifiuta?
Guido: Perché non ci crede più.
Claudia: Perché non sa voler bene.
Guido: Perché non è vero che una donna possa cambiare un uomo.
Claudia: Perché non sa voler bene.
Guido: E perché soprattutto non mi va di raccontare un'altra storia bugiarda.
Claudia: Perché non sa voler bene."
Quanto ci sarebbe da scrivere effettivamente..
Di fronte a questo film, però, non ci si può limitare alla superficie, alla trama apparente. Come dicevo non è soltanto, la storia di un regista che non sa che film fare, è la storia di uomo che non sa che direzione dare alla propria vita. E' una metafora, è la storia di tutti noi. Di come ricerchiamo continuamente la felicità, comettendo tanti errore, talvolta facendo delle scelte senza nemmeno saperne il perché...
E' un film, che pur essendo del 1963, è di una modernità strabiliante. Moderno, attualissimo, anzi...senza tempo. Un'opera che non si può etichettare, che sfugge a qualsiasi definizione...
“E se fosse il crollo di un bugiardaccio senza più arte né talento? Se non fosse una crisi passeggera? Forse è davvero ora di farla finita con i simboli…” dice il critico Daumier al regista Guido... (Anche la trovata di infilarci già tutte le critiche che gli sarebbero state rivolte dopo il film, non la si può non trovare geniale)...
Guido sembra quasi sul punto di arrendersi, la vita lo sta schiacciando, ma poi si rende conto che proprio in quella confusione sta la bellezza...
“Che mostruosa presunzione credere che gli altri si gioverebbero dello squallido catalogo dei suoi errori. E a lei che cosa importa cucire insieme i brandelli della sua vita, i suoi vaghi ricordi, o i volti delle persone che non ha saputo amare mai? “
“Ma che cos'è questo lampo di felicità che mi fa tremare e mi ridà forza, vita? Vi domando scusa dolcissime creature non avevo capito, non sapevo, com'è giusto accettarvi, amarvi, e com'è semplice. Luisa, mi sento come liberato, tutto mi sembra buono, tutto ha un senso, tutto è vero. Ah, come vorrei sapermi spiegare... ma non so dire. Ecco, tutto ritorna come prima, tutto è di nuovo confuso, ma questa confusione sono io, io come sono non come vorrei essere, e non mi fa più paura. Dire la verità, quello che non so, che cerco, che non ho ancora trovato. Solo così mi sento vivo e posso guardare i tuoi occhi fedeli senza vergogna. È una festa la vita, viviamola insieme. Non so dirti altro Luisa né a te né agli altri. Accettami così come sono se puoi, è l'unico modo per tentare di trovarci.”
A quel punto tutti i personaggi, tutte le persone delle sua vita entrano in scena, inizia la giostra più bella di sempre.
Un inno al cinema, alla vita!
Grazie Fellini!
Un film che ho molto amato.
RispondiEliminaIl dialogo tra Mastroianni e la Cardinale è splendido: le parole come fossero note che compongono una melodia, lo sguardo bellissimo e genuino della Cardinale, quel "perché" ripetuto ciclicamente che non trova risposta alcuna e, infine, la disillusione di un uomo cui Mastroianni ha saputo prestare volto, espressioni e parole.
Un film che porto nel cuore.
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