“In nessuna opera artistica esiste la
verità. La verità esiste soltanto nella vita.”
C'era una volta un paese, la
Jugoslavia. Questo è “Underground” del regista bosniaco Emir
Kusturica, un ritratto nostalgico di mezzo secolo di storia di una
nazione, dalla seconda guerra mondiale, al regime comunista sotto il
generale Tito, fino alla guerra civile. O forse sarebbe più corretto
definirlo un “necrologio” come amava chiamarlo lo stesso regista.
Una storia d'amore, d'amicizia, di ricordi e di sogni, di tradimenti
e di vendette. Di un paese alla deriva, di illusioni di libertà.
Sicuramente è un grandissimo film, di quelli che l'appellativo
“capolavoro” se lo sono veramente meritato. Un'opera
mastodontica, di quasi tre ore di durata, in cui si sprigiona tutta
la fantasia del suo artefice, così sincero nel raccontarla con toni
sarcastici, iperbolici. Un'opera esagerata, in tutto e per tutto,
nelle musiche che non ci abbandonano mai per tutta la durata del
film, nelle espressioni degli attori così esasperate da farli
sembrare maschere, nella trama così assurda eppure così
coinvolgente ed emozionante. Kusturica è sfrenato, non si da limiti.
Il suo stile è di una potenza disarmante, al punto da poter
risultare antipatico e indigesto, ma io, personalmente, l'ho adorato
con tutto me stesso. Provateci voi a catalogare un film così, per me
è quasi impossibile! Il suo cinema è orgiastico, anarchico,
rumoroso, colorato, grottesco, assurdo, malinconico, passionale,
carnale eppur disperato. (in molti lo definiscono “felliniano”).
Si canta, si danza, si beve un sacco, anche in mezzo alle bombe...e
alle scimmie. La tragedia si mischia continuamente alla commedia.
Tutto appare così teatrale, finto forse, fino all'eccesso... ma solo
perché Kusturica, quella realtà non tanto bella, vuol
rappresentarla attraverso la metafora... e ci riesce così
dannatamente bene, fatemelo dire.
E per narrarci di un popolo follemente
diviso, ci butta in faccia la storia di due amici, divisi dall'amore
per una stessa donna, un'attricetta svampita e piuttosto bruttina. Ce
li fa conoscere da partigiani in mezzo alla seconda guerra mondiale.
Da una parte “il Nero” , interpretato da un straordinario Lazar
Ristovski, emblema del macho slavo, orgoglioso e sbruffone, con i
baffoni neri, il pelo sul petto, la passione per le donne e per il
vino e la classica testardaggine di colui che pensa di essere in
grado di conquistare il mondo da solo. Dall'altra Marco (
caratterizzato con grande stile da Miki Manojlović), è lui che fa
entrare Nero nel partito, che lo trasforma in partigiano. Nel giro di
poco tempo i due diventano degli eroi della resistenza, fino a quando
il Nero non viene imprigionato dai tedeschi. Marco lo libera e lo
convince a nascondersi in un sotterraneo, dove il Nero, insieme agli
altri rifugiati allestisce un'officina per fabbricare le armi, con le
quali puntualmente Marko rifornisce i compagni comunisti.
Appena finisce la guerra, però, la
storia prende una svolta decisiva. Da lì in avanti, infatti,
comincia il terribile inganno di Marco, che fa a credere a tutti gli
'abitanti' del sotterraneo che la guerra continui, in modo da tenersi
per se la donna amata ed arricchirsi come trafficante d'armi grazie
ai fucili ed alle bombe costruite da “il Nero” e il suo clan
(inevitabile vederlo come metafora del grande inganno del Comunismo,
che ha sfruttato il lavoro di un popolo per l'arricchimento di pochi
eletti, ingannandolo con una propaganda fasulla.)
La menzogna si protrae per ben 15 anni.
Quando il nero riemerge finalmente da sottoterra il mondo è
cambiato. Ed assistiamo velocemente alla sua riscoperta del sole,
alle toccanti scene con il figlio, incapace di riconoscere il sole
dalla luna ed un cervo da un cavallo, avendo vissuto sempre
sottoterra. Si arriva così alla morte di Tito, alla guerra civile,
in cui il paese, completamente intrappolato nel caos è invaso dalle
truppe dell'Onu. Crocifissi ribaltati, fratelli che uccidono
fratelli, risa, lacrime e poi ancora fanfare, vino, feste, banchetti
nuziali. E si viaggia così a tutta velocità, traballando, fino al
bellissimo finale, che con un'immagine potentissima (che non voglio
qui anticipare),riesce a racchiudere in pochi secondi, il senso di un
intero film.
Ma al di là della scena finale e di
tutte la altre bellissime immagini (a partire dalla prima sequenza
del bombardamento dello zoo), delle trovate geniali, delle atmosfere
a tratti poetiche, a tratti surreali, dei tanti simbolismi politici,
delle allusioni alla situazione attuale, delle critiche implicite,
delle parodie, ciò che colpisce è la sincera passione che ci
trasmette Kusturica, uno straripante amore per la sua patria che non
esiste più e soprattutto un incontenibile amore per il cinema.
Vi lascio con le parole del Morandini e
di Tullio Kezich, sicuramente più autorevoli delle mie:
“È
difficile stringere in una definizione di genere un grande film
visionario come il 5° lungometraggio del bosniaco Kusturica, che fa
pensare ad Alice nel paese delle meraviglie riscritto da Kafka, con
Hyeronimus Bosch come scenografo e Francis Bacon direttore della
fotografia. È una tragicommedia musicale con le musiche tzigane di
Goran Bregovic, che di un racconto straripante di feste nuziali, riti
collettivi e baccanali, sono il filo conduttore e gli danno il ritmo.
Kusturica dice che non è un film nostalgico, ma un necrologio. Forse
il Paese di cui ha cercato di raccontare 40 anni di storia non è mai
esistito. Underground è il sogno di un incubo, quello della Storia e
del suo tempo sporco. “
“Da
questo film senza tregua si esce come da una sbornia balcanica
accaldati, eccitati, vulnerati, fra il pianto e il riso. E con il
cuore che batte furiosamente a significare, contro ogni evidenza
geopolitica, che anche per la ex Jugoslavia finché c'è vita c'è
speranza."
*Palma
d'oro a Cannes nel 1995, che comunque non rese il regista immune da
critiche venutegli da ogni dove.
Indovina? non ho visto neanche questo film, son proprio ignorante in materia! Vedrò di recuperare anche questo, tanto per allungare ancora un po' la lista infinita dei film da vedere!
RispondiEliminaSi, anche la mia lista è interminabile... e da quando mi sono iscritto a Blogger, lo è ancora di più. In un certo senso, meglio, però... vuol dire infatti che c'è così tanto da vedere!! Se solo ci fosse più tempo, senza esami, lavoro...
RispondiEliminaBellissima recensione di un bellissimo film, felliniano nel suo modo di portare al grottesco situazioni e personaggi, lasciando poi cadere questi ultimi nella tristezza di una rinascita solo presunta.
RispondiEliminaLo vidi prima di fare un viaggio di volontariato in Serbia. Molto bello, ma mi lasciò con uno strano mal di testa...
RispondiEliminaCi credo!! E' un casino bestiale dall'inizio alla fine. Quelle fanfare senza interruzione, le trombe, gli urli... Tutto quel movimento. Capisco che possa risultare fastidioso, ma per me è stata una visione folgorante. Viene proprio fuori la passione!!
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