“Strength
and a beautiful sound like in the tautness of a bow…
I want live
like this until the day I die.”
Anche
in Hwal (“L'arco”), come in tutti i suoi migliori film, Kim Ki Duk ci parla attraverso i silenzi tra i protagonisti,
attraverso i primi piani sugli sguardi, i sorrisi accennati, le melodie musicali, le immagini talvolta feroci e spietate, talvolta dolci e delicate. E con
queste sue armi, ci racconta anche qui la storia di un amore
impossibile, perverso, malato, assurdo. E gli bastano due-tre protagonisti e una vecchia barca, per creare qualcosa di grande.
Come ne “L'isola” siamo
introdotti in un mondo apparentemente incantato, in mezzo a un
bellissimo mare. Sembra la pace ed invece tra quelle onde si sta
consumando una tragedia: quella di una piccola ragazzina minorenne
portata via dai suoi genitori all'età di 7 anni, che da quasi un
decennio vive in isolamento su una barca, prigioniera di un anziano che non fa altro che
aspettare che lei compia la maggiore età, per poterla finalmente
sposare. Ma il vecchio la ama, come amante e come padre. Non sentiamo
mai una singola parola uscire dalle loro bocche, li vediamo soltanto
sussurrarsi qualcosa nell'orecchio, sorridersi, capirsi con gli
occhi. Il “non detto” è ciò che ha veramente significato. Più
delle tante frasi prive di senso dei pescatori che il vecchio
trasporta su quella barca, e che a turno tentano di avvicinarsi alla
ragazza. Il vecchio la protegge, come un padre, scagliando frecce
verso chi prova a toccarla. In fin dei conti è colui che l'ha
cresciuta, accudita ed amata per tutti quegli anni. E lei non può
che ricambiare quell'amore.
E
quindi ci troviamo turbati, non capiamo. In un certo senso siamo
affascinati dal forte sentimento dell'anziano uomo nei confronti
della ragazza, ci commuoviamo nel vedere con che cura ed amore le
tesse il vestito nuziale, ma allo stesso tempo non possiamo non
avvertire quel dolore invisibile diffuso nell'aria. Ci sentiamo quasi
di appoggiare le azioni del vecchio, pur riconoscendone la crudeltà.
Di queste contraddizioni Kim Ki Duk fa il suo cavallo di battaglia,
prende il bene e il male, li mette l'uno di fronte all'altro, come
uno specchio (ma è uno specchio spezzato come in “Bad guy”) ...e
così, da questo conflitto fra due sentimenti opposti, riesce a
creare un'atmosfera che è a dir poco magica, sublimando il tutto
nella poesia. Riesce a raccontare il dramma con toni da fiaba.
La
frattura arriva quando sulla barca giunge un ragazzo che con piccoli
gesti, come quello di dare alla ragazza il suo lettore cd o scattarle
delle foto con il cellulare, oppure ancora, semplicemente,
sorridendole, riesce a fare una breccia nel suo cuore. Le fa capire
che oltre a quella barca, dove vive come in una prigione in mezzo al
mare, c'è tutto un altro modo là fuori, sulla
terraferma, che lei non conosce o comunque non ricorda... Ma ovviamente
l'avvicinamento del giovane, suscita l'ira del vecchio che gli scaglia
contro una freccia e strappa le cuffie dagli orecchi della piccola.
Da
lì in avanti, tutto cambia. La protagonista comincia a guardare con
disprezzo la vita su quella barca-isola, vuole uscirne, fuggire con
il ragazzo...Così Kim Ki duk con maestria ci mostra gli stessi gesti
quotidiani messi in scena nella prima parte del film, ma stavolta
quando il vecchio fa a fare il bagno alla giovane con l'acqua calda
lei si ritrae, si rifiuta di farsi toccare...
La
scena successiva è una delle più intense del film: si vede soltanto
la sagoma nera del vecchio che suona l'arco, con disperazione e
rabbia, di fronte al cielo blu scuro della notte. Sono note di
tormento, il lamento un uomo solo, che si è appena reso conto che
sta perdendo la persona che ama, l'unica cosa che da senso alla sua
vita.
Al
quel vecchio non resta quindi che falsificare le date sul calendario,
cercando di anticipare la data del matrimonio. Ma negli occhi della
ragazza c'è sempre più odio... destinato poi a tramutarsi in
compassione. Quando il vecchio si ferisce, in preda ad un momento di
follia, lei non esita ad andargli incontro per accudirlo... dopo
l'odio, è il momento del perdono. La ragazza ha ormai raggiunto la
maturità, non ha più bisogno di serbare rancore.
La
storia si capovolge. Ancora una volta ritorna il tema tanto caro al
regista della ripetersi ciclico della vita. Stavolta è la piccola a
ripetere gli stessi gesti nei confronti del vecchio. Lo lava, lo
accarezza...
Un
discorso a se, infine, merita il finale, a cui si arriva in un
crescendo di emozioni. Un epilogo criticato persino dai fan più
accaniti del regista, da molti descritto come eccessivamente
grottesco nel suo simbolismo estremo, ma che io personalmente ho
trovato pienamente in linea con la poetica dell'autore. Un modo
diverso di mostrare il compimento del processo di crescita della
ragazza, dall'innocente ingenuità iniziale, passando per la rabbia,
fino ad arrivare alla pietà. Un matrimonio che non è un matrimonio,
ma un rito di addio e di iniziazione. Il vecchio ha finito il suo
tempo e la ragazza è pronta a crescere e a diventare donna (che in
un certo senso può ricordare lo splendido finale de “La
samaritana”) e quindi è comprensibilmente centrale l'aspetto
sessuale.
Ma
è il modo in cui Kim Ki Duk dipinge tutto questo che fa la
differenza. Un cinema così può risultare solo apparentemente
ostico, ma l'impressione è che una volta immersi nel mondo del
maestro coreano, ci si può abbandonare, lasciarsi trasportare,
facendosi cullare dalla poesia.
Perché
questo è il cinema di Kim, poesia.
Considerato
da molti un film 'minore', una ripetizione di temi e simboli già
visti, posso anche non dissentire. Un film ripetitivo? Può darsi...
ma ad averne film ripetitivi così! Non tra i migliori di Kim, ma
resta comunque una piccola meraviglia per gli occhi e per l'anima.
Secondo me, l'ultimo grande Ki-duk, più magnifico ancora di "Ferro 3 - La casa vuota", perché meno sensazionale e più discreto. Dopodiché, il nulla.
RispondiEliminaio sono arrivato fin qui con la sua filmografia (fatta eccezione per Pietà) Avevo cominciato Time, ma l'ho abbandonato... però proverò comunque a vedere il resto, prima di concordare
EliminaMi interessava Arirang, l'hai visto?
EliminaSì, intimo, confessionale, sincero, mi è piaciuto. Però con le fiction non c'entra: lì non c'è Ki-duk, lì è Ki-duk. Time, per esempio, non mi ha fatto schifo, però l'ho trovato estremamente complicato più che complesso...
EliminaMi interessava proprio per quello Arirang! Time proverò a recuperarlo!
EliminaBella recensione caspita! Non ho voluto leggere troppo della trama perchè a questo punto voglio vedere anche questa pellicola ... quindi metto in lista ;)
RispondiEliminaKim Ki duk è tosto!!! Magari comincia proprio da questo prima di avventurarti in altri suoi film... oppure da "Ferro 3", gli altri sono un pò più violenti (io li preferisco, ma non so te)
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