“Bevevo così tanto che, o smettevo o
morivo. Ma non c'era verso di farmi smettere, niente. Ho seguito
programmi di recupero, ho cercato di smettere da solo. Facevo di
tutto per non bere e poi facevo di tutto per bere.
Mi stava uccidendo, finché non ho
scoperto questa terra degli orsi e mi sono accorto del pericolo che
correvano. Avevano bisogno di qualcuno che li proteggeva, ma non
certo di un ubriacone, di uno incasinato come me.
Così ho promesso agli orsi che mi
sarei preso cura di loro. Se mi avessero aiutato in cambio ad essere
una persona migliore. Mi hanno ispirato a tal punto, loro come le
volpi, che ho smesso di bere, è stato un miracolo. Questi animali
sono il vero miracolo.”
Fino ad ora non c'è stato documentario
di Herzog che non mi abbia emozionato (e li sto recuperando tutti a
ritmi forsennati), ma quello che ho più amato è sicuramente questo
“Grizzly man”.
Qui Herzog ci presenta un personaggio
straordinario, pieno di fascino. Mezzo perdente, mezzo
eroe...sicuramente matto da legare. E che quindi si inserisce
benissimo nella filmografia del regista tedesco. Un tizio che ha
vissuto per tredici anni nel parco naturale di Katmai in Alaska con
lo scopo di studiare da vicino gli orsi, riprenderli con la
telecamera e soprattutto proteggerli (dai bracconieri, dalle guardie
forestali, dagli uomini in generale), fino a quando non è morto
assieme alla sua compagna Amie
Huguenard , sbranato da uno di
quegli animali che tanto amava.
Dalle 100 ore di riprese realizzate da
Timothy in Alaska, Herzog ha tirato fuori il meglio, lo ha montato
insieme e ci aggiunto interviste e le sue immancabili riflessioni.
Quel che ne è venuto fuori, però, non può essere definito
semplicemente un documentario, sarebbe davvero troppo riduttivo. E'
vero, le immagini sono reali, la storia è reale, i personaggi
intervistati sono veri... ma l'atmosfera creata dal regista tedesco
ha un non so ché di epico. E lì sta la forza di questa pellicola.
Siamo spinti banalmente a riflettere
sul rapporto uomo/natura, perché ci è presentato un tizio che ha
provato a destabilizzare questo equilibrio...ma non è solo questo.
Ci si concentra soprattutto sull'uomo, la natura fa da da sfondo. Al
centro c'è l'umanità con le sue debolezze e le sue potenzialità.
Vediamo soprattutto come un uomo può cadere in basso e risalire
grazie alla forza dei sogni.
Perché quel Timothy Treadwell, in
fondo, è soltanto l'emblema del sognatore folle (come Fitzcarraldo,
come Herzog). Un disadattato nella vita di tutti i giorni.
Alcolizzato. Drogato. Disperato. Fallito in mezzo agli uomini.
Mi ha ricordato da vicino l'albatro
della famosa poesia di Baudelaire. Quel bellissimo uccello, così
elegante e maestoso in aria, con quelle sue ali immense. Eppure così
goffo, in terra, in mezzo agli uomini, proprio per colpa di quelle
sue ali grandi.
Esattamente così è Timothy, troppo
sensibile e quindi troppo fragile, per vivere in mezzo agli uomini
“normali.”
Ma dedicandosi a quella che è
la sua più grande passione, riesce a trovare una nuova forza vitale,
una nuova energia. In quella sua missione, riscopre la propria purezza e
la ragione per andare avanti, per smettere di bere, per ricominciare
a vivere. E ci commuoviamo nel vederlo dichiarare amore a quelle
bestie feroci. Le chiama ognuna per nome, ci parla come fossero sue
amiche. E pensa, erroneamente, che questo amore sia ricambiato. In
realtà a quegli animali di lui non gliene frega assolutamente
niente. Questo noi spettatori, compreso Herzog, lo vediamo
chiaramente. Timothy no, invece. Lui non ce la fa... ha una visione
molto più ottimistica nei confronti della natura. Ed è così
romantico in questa sua ossessione.
Talvolta però, l'apparente coraggio
lascia spazio alla debolezza... ed allora viene fuori il lato più
umano del nostro Grizzly-man e sono proprio quei momenti quelli più
intensi ed emozionanti... dove la distanza fra lo spettatore e
Timothy diventa sempre più piccola.
Ed in tutto questo... quindi, chi se ne
frega se mentre si dedica a proteggere quegli animali dagli uomini,
assomiglia tanto a un Don Chisciotte che combatte contro i mulini a
vento, chi se ne frega se arriva persino a tentare di invertire
l'ordine naturale andando a creare con dei massi un “canale
preferenziale” per i salmoni per farli finire dritti nelle grinfie
degli orsi, chi se ne frega se appare come un personaggio
“sbagliato”...
<<Morirò per questi animali>>
dicevi sempre Timothy...
Ci sei morto alla fine,
ma senza di loro eri già morto molto
tempo prima...
ti chiameranno folle, ti chiameranno
fallito... Ma chi se ne frega.
Poche pellicole sono riuscite a
“riempirmi” così tanto. Non so nemmeno bene di cosa, ma è stata
una sensazione fantastica.
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