“Chi
erano le persone che volevo incontrare in Antartide alla fine del
mondo?
Quali
erano i loro sogni?
Abbiamo
volato verso l'ignoto, un apparente infinito nulla.
Fui
sorpreso persino di stare su questo aereo.
La
National Science Foundation mi ha invitato in Antartide, anche se ho
fugato ogni dubbio sul fatto che non me ne sarei uscito con un altro
film sui pinguini.
I
miei quesiti sulla natura, ho fatto loro capire, erano diversi.
perché
gli esseri umani indossarono maschere o piume per nascondere la loro
identità?
E
perché sellano i cavalli e sentono l'urgenza di inseguire il
cattivo?
E
perché certe specie di formiche ammassano pidocchi delle piante come
schiavi spremendoli per avere goccioline di zucchero?
Mi
sono chiesto perché un animale così complesso come lo scimpanzé
non sfrutta le creature inferiori? Potrebbe saltare in groppa ad una
capra e cavalcare al tramonto.”
Innanzitutto
non chiamiamolo documentario: siamo di fronte a un qualcosa di
diverso, ad un opera che va oltre la rappresentazione della realtà e
si fa poetica, suggestiva, filosofica, quasi mistica. La natura,
ancora una volta, è solo lo spunto per fare una riflessione molto
più ampia sull'umanità, il suo rapporto con l'universo...sulla
vita. Più che per i paesaggi sensazionali e per tutte quelle
sequenze mozzafiato di rara bellezza che non possono non lasciare
attoniti, a bocca aperta, “Encounters at the end of the world”
brilla di luce propria soprattutto per la capacità incredibile del
regista tedesco di esplorare l'animo umano, le sue sfaccettature, i
suoi desideri più profondi.
Non ci
racconta i luoghi, ma le persone in quei luoghi. “Professionisti
del sogno” li chiama.
Si
interroga sul perché certa gente abbia deciso di recarsi ai confini
del mondo in Antartide, cosa li ha spinti a fare questa scelta di
vita. Da ciò deriva una carrellata splendida di dialoghi,
monologhi... Storie di scienziati, biologi, ingegneri, vulcanologi,
cosmologi, linguisti (e che cazzo ci fa un linguista al polo sud?),
ma anche imprenditori, impiegati di banca in fuga dal mondo del
denaro, ex prigionieri... oppure semplici disperati alla ricerca di
se stessi e di un po' libertà. C'è di tutto e di più. Tanti
“Grizzly Man”, tanti “Fitzcarraldo” che hanno votato la loro
vita alla ricerca dell'“inutile”, all'inseguimento
dei propri limiti, di orizzonti sempre più lontani. Chi studia i
vulcani, chi i pinguini, chi le foche, chi gli strani organismi che
si trovano nei fondali marini sotto l'enorme strato di ghiaccio...
chi riesce a trovare poesia ed energia vitale nello studio degli
Iceberg.
E
ti viene voglia anche a te di distenderti sopra quell'oceano
congelato, mettendo l'orecchio a contatto con il ghiaccio, per
ascoltare in mezzo al silenzio più assoluto, i suoni elettronici (si
sembrano proprio elettronici) emessi dalle foche... ed insieme ad
essi riscoprire te stesso e la voglia di gettarti con speranza in
quel viaggio chiamato vita.
E
poi quasi commuoversi di fronte alla sequenza di quel pinguino
disorientato, oppure “folle” a seconda dei punti di vista, che
invece che stare con il resto della colonia, si isola e comincia il
suo viaggio verso l'entroterra, verso le montagne, lontano dal cibo,
incontro alla morte.
Vi
prego, ribadisco il concetto...non chiamiamolo documentario. E' un
film sulla vita. Ed è magnifico.
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