..."Dire la verità,quello che non so,che cerco,che non ho ancora trovato.Solo così mi sento vivo."

martedì 25 febbraio 2014

"ENCOUNTERS AT THE END OF THE WORLD" (2007) di Werner Herzog.

Chi erano le persone che volevo incontrare in Antartide alla fine del mondo?
Quali erano i loro sogni?
Abbiamo volato verso l'ignoto, un apparente infinito nulla.
Fui sorpreso persino di stare su questo aereo.
La National Science Foundation mi ha invitato in Antartide, anche se ho fugato ogni dubbio sul fatto che non me ne sarei uscito con un altro film sui pinguini.
I miei quesiti sulla natura, ho fatto loro capire, erano diversi.
perché gli esseri umani indossarono maschere o piume per nascondere la loro identità?
E perché sellano i cavalli e sentono l'urgenza di inseguire il cattivo?
E perché certe specie di formiche ammassano pidocchi delle piante come schiavi spremendoli per avere goccioline di zucchero?
Mi sono chiesto perché un animale così complesso come lo scimpanzé non sfrutta le creature inferiori? Potrebbe saltare in groppa ad una capra e cavalcare al tramonto.”

Permettetemi una brevissima riflessione sull'ennesimo gioiello targato Werner Herzog.
Innanzitutto non chiamiamolo documentario: siamo di fronte a un qualcosa di diverso, ad un opera che va oltre la rappresentazione della realtà e si fa poetica, suggestiva, filosofica, quasi mistica. La natura, ancora una volta, è solo lo spunto per fare una riflessione molto più ampia sull'umanità, il suo rapporto con l'universo...sulla vita. Più che per i paesaggi sensazionali e per tutte quelle sequenze mozzafiato di rara bellezza che non possono non lasciare attoniti, a bocca aperta, “Encounters at the end of the world” brilla di luce propria soprattutto per la capacità incredibile del regista tedesco di esplorare l'animo umano, le sue sfaccettature, i suoi desideri più profondi.
Non ci racconta i luoghi, ma le persone in quei luoghi. “Professionisti del sogno” li chiama.
Si interroga sul perché certa gente abbia deciso di recarsi ai confini del mondo in Antartide, cosa li ha spinti a fare questa scelta di vita. Da ciò deriva una carrellata splendida di dialoghi, monologhi... Storie di scienziati, biologi, ingegneri, vulcanologi, cosmologi, linguisti (e che cazzo ci fa un linguista al polo sud?), ma anche imprenditori, impiegati di banca in fuga dal mondo del denaro, ex prigionieri... oppure semplici disperati alla ricerca di se stessi e di un po' libertà. C'è di tutto e di più. Tanti “Grizzly Man”, tanti “Fitzcarraldo” che hanno votato la loro vita alla ricerca dell'“inutile”, all'inseguimento dei propri limiti, di orizzonti sempre più lontani. Chi studia i vulcani, chi i pinguini, chi le foche, chi gli strani organismi che si trovano nei fondali marini sotto l'enorme strato di ghiaccio... chi riesce a trovare poesia ed energia vitale nello studio degli Iceberg.
E ti viene voglia anche a te di distenderti sopra quell'oceano congelato, mettendo l'orecchio a contatto con il ghiaccio, per ascoltare in mezzo al silenzio più assoluto, i suoni elettronici (si sembrano proprio elettronici) emessi dalle foche... ed insieme ad essi riscoprire te stesso e la voglia di gettarti con speranza in quel viaggio chiamato vita.
E poi quasi commuoversi di fronte alla sequenza di quel pinguino disorientato, oppure “folle” a seconda dei punti di vista, che invece che stare con il resto della colonia, si isola e comincia il suo viaggio verso l'entroterra, verso le montagne, lontano dal cibo, incontro alla morte.


Vi prego, ribadisco il concetto...non chiamiamolo documentario. E' un film sulla vita. Ed è magnifico. 

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