“Ma
che cosa vi credete, vacca troia, pazzi? Davvero? Ed invece no,
invece no: voi non siete più pazzi della media dei coglioni che
vanno in gior per la strada, ve lo dico io. Ma non è possibile...
non ce l'avete il coraggio di andare via di qua?”
Talvolta
non c'è bisogno di trame complesse ed ingegnose, inquadrature
originali, movimenti di telecamera degni di nota, simbolismi colti e
scenari bellissimi, per creare un film capolavoro. Talvolta basta
avere una bellissima storia da raccontare e degli attori bravissimi
ad interpretare la loro parte. Niente fronzoli, soltanto emozioni da
trasmettere al pubblico dall'inizio fino alla fine del film.
Vi sono film di fronte ai quali è veramente impossibile restare impassibili, non è neppure
necessario avere un certo bagaglio culturale, basta essere uomini con
un pizzico di sensibilità. Si, perché ne basta propria poca di
sensibilità per amare alla follia "Qualcuno volò sul nido del cuculo" di Milos Forman.
La
storia si svolge in un manicomio/ospedale psichiatrico (chiamatelo
come volete), dove i pazienti a causa delle pesanti terapie sono
ridotti ad uno stato quasi da automa, incapaci di reagire. Di
qualcuno sappiamo qualcosa di più, di altri non sappiamo niente, ma
sin dalle prime scene di terapia di gruppo in cui ci vengono
presentati tutti insieme ci ritroviamo in sintonia, forse in empatia, capiamo la
difficoltà della loro situazione. Dentro i muri di quell'ospedale
psichiatrico non c'è più posto per la speranza e forse nemmeno per
la vita. C'è soltanto una desolante routine, che cancella ogni
sogno ed in qualche modo anche la vita.
Poi un giorno, viene ricoverato anche un teppistello di nome Mc Murphy, in arrivo da un campo di lavoro carcerario, interpretato da un Jack Nicholson più straordinario del solito, qui con una delle interpretazioni migliori della sua carriera, che gli è valsa anche l'oscar. Mc Murphy non è pazzo, lo si capisce sin dall'incipit del film, ma viene comunque internato per verificare se lo è o meno e provare al contempo a placarlo, renderlo più docile, più “idoneo” alla società.
Il suo arrivo nel manicomio, sconvolge tutto, da lì in poi comincia la rivoluzione. Si, perché Mc Murphy, non ce la fa ad accettare la propria condizione, senza difendersi, ribellarsi. Soprattutto non vuole arrendersi e non vuole sottostare al regime quasi dittatoriale imposto dallo staff medico/infermieristico.
Il
ricovero nell'ospedale psichiatrico non rappresenta per lui la FINE,
come è invece per gli altri pazienti, ormai privi di speranza e
succubi di una sterile routine. Loro vivono senza credere in loro
stessi, senza pensare di avere più niente da dire nella vita,
sentendosi incapaci di reagire, completamente disillusi. Protetti
dalle mura di quell'ospedale considerano la vita al di fuori di
queste, come un pericolo. (e sarà Mc Murphy a far loro capire che la
vita è solo una stupenda opportunità, non un pericolo). VIVONO NEL
TIMORE, INCATENATI NELLE LORO INSICUREZZE, PRIGIONIERI DI UNO DEI
PEGGIOR TIPI DI SOFFERENZA, QUELLA MENTALE.
Mc
Murphy invece, riesce a mettere in crisi tutti gli ingranaggi,
sconvolge la routine, porta il suo brio, la sua freschezza, la sua
energia e così restituisce la vita a tutto l'ambiente. Si oppone
alle decisioni della severa infermiera-capo, coinvolge gli altri
internati in partite a carte dove si scommettono sigarette, scherza,
gioca, urla, canta. Fa capire a tutti gli altri che la loro vita non
è ancora finita, che la sofferenza e il disagio possono finire,
basta non arrendersi.
McMurphy,
infatti, malgrado il ricovero è ancora pieno di vitalità e così
progressivamente fa rinascere e tornare in vita anche gli altri
pazienti, che non vivevano più, bensì sopravvivevano, sentendosi già
morti. Il suo sorriso, il suo essere spontaneamente un inguaribile
“casinista”, diventa presto contagioso. I suoi atteggiamenti di
ribellione e provocazione, non sono altro che un inno alla vita. E'
come un capo rivoluzionario, che da nuove motivazioni e stimoli ai
propri seguaci, al proprio popolo e li carica e li spinge verso
quella battaglia chiamata vita.
Ma
non c'è soltanto il personaggio di Mc Murphy (che è indubbiamente
tra i più belli della storia del cinema), ci sono attorno a lui
tantissimi altri personaggi indimenticabili. In primis il capo
indiano, maestoso e muto ed il giovanissimo e balbuziente Billy
Bibbit che, piuttosto che “pazzo” sembra semplicemente fragile ed
insicuro.
Moltissime le sequenze memorabili. In primis quella della fuga dal manicomio durante l'ora di pausa, in cui Mc Murphy porta tutti a pescare sul fiume (uno spettacolare inno alla libertà). Oppure quella straordinaria, in cui, dopo il divieto imposto dallo staff medico di assistere alla finale di baseball, McMurphy comincia a fare la telecronaca di fronte al televisore spento ed ecco che quel televisore spento, si accende nella mente di tutti i paziente, che entusiasmati cominciano a credere di vedere veramente la partita, grazie alla coinvolgente ed emozionate cronaca fatta da McMurphy. Esultano e li vediamo più felici che mai... (ho postato anche il video, per chi è disposto a "spoilerarsi questa sequenza")
Si
tratta di una forte critica nei confronti di un sistema che rinchiude
persone bizzarre e cerca di appiattirne la personalità
sottoponendole a terapie ed a uno stile di vita che non li cura, ma
li annulla rendendoli, più docili, ma molto simili a degli automi.
Ci si rende ben presto conto che in questo sistema il cattivo non è
certo il teppista McMurphy. Ci si rende conto che la scienza in
questo caso non è pienamente dalla parte della ragione, o comunque,
al di là delle conclusioni, è spontaneo domandarcelo. Domandarci
quanto certe pratiche mediche nei confronti di pazienti malati di
mente sono lecite. E' impossibile non domandarsi perchè quel bunker
dove è ambientata la storia assomigli più a un carcere che a un
ospedale... è impossibile non domandarsi se la lobotomia possa
rappresentare effettivamente un cura.
Il
film, d'altronde, uscì al cinema in un periodo in cui le condizioni
degli ospedali psichiatriche erano molto diverse da quelle attuali (per esempio erano ancora molto diffuse le pratiche dell'elettroshock e della lobotomia, oggi usate sempre più raramente e solo in casi particolari) e
per questo la pellicola acquista anche un merito sociale, essendo non
soltanto un film emozionante, poetico e struggente, ma anche una
forte opera di condanna, pur senza assumere i connotati di un
documentario.
E'
un film, quindi, che ha il grandissimo pregio di essere al tempo
stesso realistico e poetico. Talvolta ci sentiamo quasi parte di un
reality ambientato in quell'ospedale psichiatrico, ci sembra di
partecipare noi stessi a quelle terapie di gruppo, ci sembra anche a
noi di essere in fila per prendere i farmaci, oppure essere insieme a
Mc Murphy a giocare a pallacanestro nel campetto recintato fuori dal
manicomio.
La
cosa straordinaria è che, pur descrivendo la routine il film riesce
a non essere ripetitivo o ridondante, a non essere mai noioso, bensì
a diventare sempre più coinvolgente. Così, insieme a McMurphy acquistiamo tutti maggiore consapevolezza di noi, ridiamo, ci commuoviamo ed alla fine del film,
malgrado l'epilogo tristissimo, riusciamo tutti a riacquistare, proprio come i pazienti dell'ospedale, la nostra forza interiore...
Un film meraviglioso! Da vedere assolutamente.
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